Il mio approccio terapeutico

Sono la dottoressa Dafne Buttini, psicologa clinica e psicoterapeuta; dopo la formazione quinquennale in psicologia, ho scelto di perfezionarmi attraverso la specializzazione quadriennale in psicoterapia con orientamento fenomenologico-dinamico.
Il metodo del mio approccio terapeutico supporta il paziente nell’esplorazione del proprio vissuto (ossia nel modo assolutamente soggettivo in cui lui vive le proprie esperienze ed emozioni) allo scopo di aiutarlo a distanziarsi in modo graduale dal suo malessere e favorire un’apertura della persona al dialogo con sé stessa e con il proprio contesto relazionale e di vita.

Il mondo, talvolta, può essere sentito come un luogo in cui diventa difficile vivere, muoversi, progettarsi nel futuro.
Ecco che, in quanto terapeuta, mi prendo cura dell’esperienza soggettiva di disagio portata dal mio paziente (per esempio: un momento triste che sta attraversando, un pensiero invadente che lo infastidisce, un cambiamento improvviso, una decisione difficile o dolorosa, una situazione relazionale o lavorativa complicata, una scelta che non è in grado di fare, il peso di una colpa che lo opprime, una sensazione di confusione, incertezza, tensione, un vissuto di vergogna, esclusione, scarsa autostima, inferiorità, inadeguatezza).

Quando il vissuto della persona è più intenso di un disagio momentaneo, diventa troppo doloroso, angoscioso, perdura nel tempo e arriva a interferire in modo significativo con lo svolgimento della quotidianità del soggetto (assumendo la forma di una vera e propria patologia, con il suo carico di pesantezza, con una sensazione di spaesamento e di impossibilità di muoversi per la persona), la psicoterapia favorisce nel paziente una presa di posizione nei confronti della propria esperienza che lo disturba e l’acquisizione di una nuova prospettiva su di sé, sulla propria storia personale e sugli altri che ne fanno parte.
È compito del terapeuta sostenere il paziente nel movimento verso la riappropriazione della propria dimensione personale, cioè incoraggiarlo a vivere sé stesso come il soggetto autore e protagonista della propria esistenza e dei suoi progetti di vita.

La psicoterapia è “uno spazio” dove paziente e terapeuta si apprestano a compiere un viaggio, a condividere uno slancio, un movimento, a disegnare una traiettoria, a muoversi in due all’interno di una relazione (terapeutica) che ha nel loro “tra” (ossia nell’esserci dentro insieme) il suo fondamento.

Perché non prenderci cura di uno stato ansioso che ostacola lo svolgimento della nostra giornata o di un vissuto di insoddisfazione costante in alcune sfere della nostra vita, che rende quasi impossibile provare gratificazione?
Perché non occuparci di una difficoltà relazionale che compromette una sfera significativa della nostra esistenza e rischiare di perdere un affetto per noi importante oppure aspettare di subire una condizione invalidante (fino a sentirci costretti, per esempio, a non uscire più di casa)?
Perché, insomma, rimandare l’incontro con noi stessi?